Giorno Uno: la Magnifica Fiemme e il selvaggio Lagorai
Dettagli tappa | |
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Partenza | Molina di Fiemme, 853 m |
Arrivo | Rifugio Malga Consèria, 1848 m |
Lunghezza | 20.7 km |
Dislivello | +1508/-520 m |
Lunga tappa, con primo tratto su asfalto, che dalla Val di Fiemme, nota per le sue estese foreste, porta nel cuore pulsante del Lagorai, il gruppo montuoso più selvaggio del Trentino. E proprio in questo tipo di ambiente si svolge la prima parte dell’escursione, lasciando spazio in quota a praterie alpine e “aurai”, i minuscoli specchi d’acqua che hanno dato il nome all’intero gruppo. Fra queste scure cime la presenza antropica è marginale, con alcune zone che raramente vengono calpestate da piede umano. Un vero paradiso per gli amanti dei silenzi e di quella natura apparentemente meno spettacolare che pian piano sa conquistare il cuore anche dei camminatori più esigenti1.
Inizio senza paura con la tappa più lunga del giro (21 km e 1600 m di dislivello positivo), lo sforzo nelle gambe alla fine non si è fatto pregare troppo. Partenza con le marce alte, quindi.
Dopo aver attraversato il paesino di Molina di Fiemme, abbiamo percorso la Magnifica valle affiancando il torrente Cadino su una strada asfaltata (un po’ noiosa, e sempre al sole ben caldo di luglio) fino al Ponte delle Stue.
Là comincia il sentiero vero e proprio, che fino alla Malga Cazzorga è stata una carrozzabile sterrata comoda. Qui i boschi di abeti e pini del Lagorai ci hanno regalato più volte un bel sollievo dal sole. Ma ciò che ci ha stupito di più è stato notare, anche qui, i danni devastanti della tempesta Vaia del 2018. Su alcuni pendii o versanti sembra sia passata un’enorme falce affilatissima che ha tagliato alla base qualunque albero o arbusto più alto di qualche metro. Davvero impressionante.
Il sentiero ha toccato il punto più alto presso la Forcella Valsorda (nome interessante), per poi fare un saliscendi fino al Passo Val Cion.
Avevamo preso un buon passo spedito, perciò non ci siamo fermati a contemplare gli alpeggi del Lagorai, complice anche un vento freddino che ci ha fatto compagnia finché abbiamo scollinato. Gambe e schiena – con un inusuale zaino da 8 chili circa – erano ben stanche da chiederci di tirare dritto fino al rifugio, sperando nella possibilità di fare una doccia calda più che poterci connettere a internet per dire che eravamo vivi (la rete cellulare non prendeva neanche per una chiamata 🆘 ). Entrambi i comfort ci sono stati garantiti. Dieci minuti e si fanno le ordinazioni della cena (zuppa di verdure e spezzatino con polenta). Si poteva chiedere altro?
Cosa ci aspetta domani
Tappa abbastanza corta: circa 8 km e quasi 800 metri di dislivello positivo. Sperando di non avere troppa stanchezza residua, sarà una tappa breve e rapida. La meta sembra essere particolarmente interessante e l’ambiente suggestivo: il rifugio Brentari circondato dalle pareti granitiche verticali di Cima d’Asta (che proveremo a salire, senza zaino dovrebbe essere fattibile in circa un’ora).
A domani2!