Dettagli tappa
Partenza Rifugio Malga Consèria, 1848 m
Tappe intermedie Cima Socéde, 2173 m (Sentiero della Memoria)
Arrivo Rifugio Ottone Brentari, 2475 m
Lunghezza 8.2 km
Dislivello +1017/-375 m

Breve tappa che porta nel cuore pulsante del gruppo di Cima d’Asta, sotto la formidabile Parete Sud della vetta principale, una grandiosa bastionata che precipita fin sulla scura superficie del famoso e omonimo lago alpino. È questo un mondo di granito, simile, almeno come tipo di ambienti, a quello del Lagorai, ma molto diverso dalle vicine Dolomiti. Una caratteristica che salta immediatamente all’occhio è l’elevata presenza di acqua superficiale dovuta all’impermeabilità del substrato roccioso. Zone umide, pietraie, fitti boschi e lunghi solchi vallivi, queste sono le meraviglie di un angolo di Trentino che preserva ancora un’elevata naturalità e una relativamente bassa frequentazione umana, intaccata solo nei pressi del Rifugio Brentari, il più noto e frequentato punto di appoggio di questa area montana.

Dopo una colazione a buffet con yogurt di malga, salutiamo il rifugista (che ci offre pure la doccia) e ci avviamo sull’ultimo tratto del sentiero che geograficamente si trova nella zona del Lagorai. Dopo un paio di alpeggi, arriviamo al Passo Cinque Croci dove troviamo il primo bivio e la prima scelta: saliamo a dare un’occhiata al piccolo museo aperto dedicato alle tracce della Grande Guerra o tiriamo dritto1?

La prima guerra

Quattro anni di lavoro hanno permesso di restaurare alcuni resti del primo conflitto mondiale che ha toccato anche il Lagorai. La cima Socéde è uno di quei luoghi in cui è ben visibile il passaggio: ci sono alcune trincee in legno e un paio di rifugi militari che si incontrano lungo il Sentiero della Memoria.

Trincea Cima Socede

Nulla a che vedere con ciò che si può visitare – o percorrere – nelle zone del Pasubio, ma è prezioso essere riusciti a recuperare anche questi reperti. Peccato non siano molto visitate perché in questa zona si è davvero in solitaria. Non neghiamo di aver temuto un po’ di dover lasciare gli zaini a un ricovero di pastori per fare la salita e discesa in leggerezza, ma nessun essere umano si è fatto vivo.

Dipendenze

Lagorai wilderness

Gli aurai alpini della zona – i numerosi specchi d’acqua che si trovano frequentemente e da cui arriva il nome Lagorai – hanno ispirato un’interessante digressione sulle dipendenze, non soltanto quelle da qualsiasi sostanza. Quali sono? Quante sono? Come le riconosciamo? Non tutte sono dannose, anzi: senza il meccanismo alla base di ogni dipendenza, regolato dalla dopamina, non ci alzeremmo dal divano neanche per mangiare. Però internet, i social, e chissà quale altra invenzione moderna ci hanno assuefatto in due modi almeno2:

  1. Ci hanno fatto dimenticare il piacere differito, la cui ricompensa va sudata e attesa, rendendoci sempre più esigenti sulla quantità di piacere che pretendiamo.
  2. Hanno ridotto enormemente la nostra soglia del dolore, o meglio del fastidio che siamo disposti a sopportare. Sempre più emozioni, situazioni, relazioni con altre persone ci risultato insopportabili troppo rapidamente.

Il rifugio Brentari

Cercando di non perdere la traccia del sentiero – sempre ben segnato, ma qualche volta non proprio visibile – arriviamo alla Forcella Magna.

Forcella Magna

Alla forcella ci accoglie uno strano odore di pesce. Prima di prendere di petto la salita che ci attende, decidiamo di recuperare energie e di mangiare qualcosa. La salita davanti a noi si presenta subito impervia, ma dopo pochi tornanti, il sentiero ritorna più sopportabile. Arrivati a un bivio, imbocchiamo il sentiero 326. Pochi passi e il sentiero si butta letteralmente verso il cosiddetto boalon (canalone) di Cima d’Asta, e perdiamo quota velocemente e anche rovinosamente per uno di noi (giusto un piccolo taglio sulla tibia). Ora siamo sul sentiero 327 in direzione rifugio Cima d’Asta. Vediamo già le bandiere sventolare, e anche i piloni della teleferica ci indicano che il rifugio è vicino. Mentre camminiamo, cominciamo già a fantasticare su cosa mangeremo al rifugio. Finalmente davanti a noi appare il magnifico lago di Cima d’Asta3 e appena oltre anche il rifugio si delinea nella sua interezza.

  • Lago Cima d'Asta
  • Rifugio Brentari
  • Pensatori

Le montagne di fuoco

Neanche a farlo apposta, al Brentari incontriamo tre geologi che sono in giro per dei campionamenti. Non in vacanza, ma senza dubbio il loro “ufficio” è di gran lunga migliore del mio. Ci raccontano brevemente che le vicine Dolomiti, generatesi in parte da barriere coralline – Ma c’era il mare qui? Eh già – sono bimbe giovani in confronto al gruppo granitico di Cima d’Asta, le cui rocce hanno sicuramente origine vulcanica (tecnicamente si chiamano ignimbriti). È pazzesco pensare – e ci ricorda anche della nostra insignificanza come esseri umani – che qualche centinaia di milioni di anni fa qui si avrebbe potuto assistere (per modo di dire) a vaste e potenti eruzioni vulcaniche i cui prodotti, solidificatisi lentamente e in profondità, hanno dato origine alla materia di cui è fatta Cima d’Asta. Tutto questo in un tempo che supera largamente i nostri duecentomila anni di esistenza (come Homo Sapiens).

Dopo qualche minuto di contemplazione (senza più gli zaini sulle spalle), ci siamo seduti a gustare due piatti di tagliatelle al ragù di cervo, e poi via con le sole bacchette per salire sulla vetta più alta che avremo modo di avvicinare in questa lunga traversata trentina. Il cielo un po’ coperto – in una giornata tersa si dovrebbe riuscire a vedere il Mar Adriatico e l’Appennino – ma un paio di foto ce le ha concesse.

  • Vetta Cima d'Asta
  • Bivacco Cavinato

Senza indugiare oltre, riprendiamo il sentiero della salita e rientriamo alla base sempre in un’ora, chiedendoci più volte come sarebbe vedere l’alba da lassù. Ce la proveremo a immaginare con qualche grappa tipica dopo cena, socializzando un po’ con gli altri inquilini (e pregando che nessuno dei compagni di stanza russi troppo!)

  • Brentari bar
  • Cima d'Asta al tramonto

Cosa ci aspetta domani

Altra tappa non troppo lunga (circa 13 km) ma soprattutto tutta in discesa: dai 2475 metri del rifugio Brentari agli 854 del paese di Caorìa (metto l’accento per i non veneti). Forse sarà anche la tappa più difficile tecnicamente: valutata EE, percorreremo un pezzo del sentiero attrezzato G. Negrelli, che passa sotto una cresta dal confortante nome: Cresta delle Streghe.


  1. Guardando una mappa più tardi, scopriamo che c’era un sentiero di collegamento. Ma vuoi mettere l’ebbrezza di lasciare giù lo zaino per una mezz’ora? ↩︎

  2. In particolare, abbiamo parlato del libro Dopamine nation di Anna Lembke↩︎

  3. Il lago di Cima d’Asta, con i suoi 91'000 metri quadrati di superficie e una profondità massima di 38 m, è tra i più grandi in Europa a questa quota. È anche la fonte di energia primaria del rifugio che, possiamo dirlo, funziona al cento per cento con energia rinnovabile grazie a una turbina a valle che attinge direttamente dal lago. Purtroppo, l’eccezionale siccità e le ondate di caldo precoci anche in quota di quest’anno hanno fatto scendere il livello del lago di circa 60 cm (parole del rifugista). ↩︎