Farò un excursus che sembra c’entrare molto poco con un trekking in montagna, ma credo invece che sia perfettamente in tema. Ci ho pensato proprio ieri pomeriggio quando mi sono messo a preparare tutti i pasti che dovranno sostentarmi nei prossimi giorni. Contando tutte le chilocalorie che stavo impacchettando, mi sono chiesto1: ma mi serve davvero l’energia contenuta in queste barrette o tortilla al burro d’arachidi? Serve essere un po’ più pignoli se vogliamo trarne un ragionamento abbastanza preciso. Seguitemi un attimo (se v’interessa).

Alla domanda “qual è la caratteristica essenziale di un essere vivente” potremmo rispondere brevemente con una parola: metabolismo. L’origine è dal greco, e significa “cambiare”. O meglio: scambiare. Scambio di che cosa? I candidati più ovvi sono due: materia o energia2.

Sulla materia, è facile capire perché non può essere ciò che caratterizza il nostro metabolismo. Ogni atomo di idrogeno, ossigeno, o carbonio contenuto in una barretta energetica o un maccherone al formaggio è assolutamente identico a un qualunque atomo di idrogeno, ossigeno, o carbonio che espelliamo nelle nostre maniere abituali (sudore, respirazione, deiezioni). Come potrebbe lo scambio di entità perfettamente identiche permetterci di vivere, ossia di distinguerci da un pezzo di materia inanimata?

Se non è una, è l’altra, ma non è così semplice. L’energia è un concetto strano e complicato. Non abbiamo una buona definizione di energia3 che non sia un modo preciso di calcolarla. E sappiamo calcolare benissimo anche la più piccola quantità di energia che si libera o viene assorbita in moltissimi processi della nostra epoca industrializzata. Sappiamo anche un’altra cosa, una delle leggi più fondamentali che esistano, un decreto inviolabile della natura: l’energia si conserva, non possiamo distruggerla.

Pensare che il nostro metabolismo sia lo scambio di energia è solo in parte corretto. Se non possiamo distruggere nessuna quantità di energia, e ovviamente ogni singola unità di energia – per esempio, una chilocaloria della nostra barretta – è equivalente a qualunque altra, dove sta il vantaggio? Che cos’è che scambiamo davvero? La risposta qui è davvero in un dettaglio minuscolo, ma non possiamo andare avanti se non citiamo il secondo decreto più inviolabile dell’universo. Possiamo riassumerlo così: l’energia si conserva, ma non è tutta uguale. Ci sono forme di energia che sono più utili di altre. E il secondo decreto stabilisce che, sempre e comunque, nel nostro metabolismo o in qualunque altra trasformazione, sarà inevitabile produrre un po’ di energia completamente inutile.

Dovremo quindi essere più precisi: il nostro metabolismo ci permette di prelevare energia utile da una gustosa (si fa per dire) barretta al burro d’arachidi, consente alle nostre fibre muscolari di contrarsi innumerevoli volte e a impulsi elettrici di attraversare le nostre sinapsi, e poi scambiare una certa quantità di energia inutile con l’ambiente che ci circonda. Ci sarebbe addirittura un legame tra la nostra temperatura corporea e la particolare efficienza nel liberarci di questa energia inutilizzabile.

So che parlare di energia utile potrebbe non aiutare molti a capire. “Non bastava semplicemente chiamarla energia e lasciar perdere questo discorso?” Certo, a patto di voler raccontare solo una parte della storia. Ma per poterci liberare del termine “energia utile” dovremmo andare ancora un po’ più a fondo e cominciare a parlare di entropia – e io devo ancora finire di preparare lo zaino per domani 😅. Voglio però concludere con le parole4 di uno dei più importanti fisici del ‘900, Erwin Schrödinger, che non aveva certo problemi a tirare in ballo l’entropia per spiegare di che cosa ci nutriamo davvero.

Che cosa c’è di così prezioso nel nostro cibo che ci impedisce di morire? A ciò si risponde facilmente. Ogni processo, evento, cambiamento – chiamatelo come volete; in altre parole, qualunque cosa accada in Natura implica un aumento dell’entropia nella parte di universo in cui ciò accade. Un organismo vivente produce costantemente entropia positiva, e perciò si avvicina al pericoloso stato di massima entropia, cioè la morte. L’unica maniera in cui può evitarlo, cioè rimanere in vita, è assorbire entropia negativa dall’ambiente circostante.

Ecco quindi una risposta alla domanda iniziale: non di energia vive l’uomo, ma di entropia negativa.


  1. Non sono certo il primo a farsi questa domanda, anzi. Buona parte dei fisici di fine ’800 e del secolo scorso hanno ragionato sulle implicazioni di una domanda analoga. ↩︎

  2. Immagino che a molti sia risuonato in testa il nome di Einstein per via della sua formula più famosa, ma in questo caso potete dimenticarvela: non ci serve a nulla. ↩︎

  3. Si potrebbe citare James Clerk Maxwell, che nel suo Theory of Heat (1872) scriveva che l’energia è “la capacità di compiere lavoro, [ossia] l’atto di produrre un cambiamento nella configurazione di un sistema contrastando una forza che si oppone a tale cambiamento”. È utile? Non molto, secondo me. ↩︎

  4. Il passo è tratto dal libro What is life?, capitolo 6, pag. 72 della versione inglese (Cambridge University Press, 1967). La traduzione è mia. ↩︎