Giornata decisamente più leggera di ieri, anche se ho camminato per trenta chilometri. Però almeno due cose hanno fatto una notevole differenza:

  1. Un pranzo degno di tale nome (due burger da McDonalds)
  2. Circa tre ore di pausa tra l’una e le quattro per evitare il sole più pestifero.

Potremmo dire che la sosta alla catena di fast food più nota del mondo è stata la spinta principale dei primi due terzi della giornata. Volevamo arrivare là e ripagarci con quel cibo-spazzatura che solo con questo regime calorico giornaliero ci può far bene. O meglio: non può farci davvero male; rimane cibo assai poco equilibrato e di certo non salutare. Mi sono anche comprato due cheeseburger “da asporto” con extra insalata e pomodori 🤤 Ne avrei mangiato volentieri un terzo a cena. Non ho memoria in vita mia di un’occasione in cui ho mangiato hamburger di McDonalds a pranzo e a cena. Ma d’altronde non ho mai fatto un viaggio né un trekking come quello che sto facendo ora.

Ho ascoltato diversi podcast (perlopiù puntate di “Morning” accumulate nei giorni precedenti), ma non ho ripreso il libro. Anzi, ho deciso di rinviare la lettura di Sciascia a un momento migliore in cui potrò dedicargli più attenzione, e domani riprendo Jack Reacher ne “I dodici segni”. Domani comincia anche il Salone del Libro 📚😍 Dovrò sentire Andre e Cristina e chiedergli di raccontarmi qualcosa, se dovessero andarci.

Un discorso che ho ripetuto con me stesso oggi è cominciato molto presto stamattina, quando ho notato un tizio che partiva poco prima delle sei con uno zaino minuscolo (sarà stato massimo un 30 litri). Due giorni fa aveva camminato ben 32 miglia, cioè 51 chilometri. Fa senz’altro parte di quel gruppo di persone che non rivedrai mai più sul trail perché camminano troppo e veloce. Hike your own hike1. Vedere il suo zaino mi ha fatto pensare “lui sì che è un vero ultralighter”. Poi ho riflettuto: non conta il peso materiale che ti porti dietro, ma il peso di tutti i comfort (o vizi, per alcuni). Vivere ultralight è una soddisfazione enorme perché ti fa rendere davvero conto di cosa hai bisogno, di ciò che ti serve per davvero. Però significa anche avere assai chiaro a che cosa sei disposto a rinunciare: e non si tratta solo di superfluo, ma anche di ciò che altri ritengono un bene essenziale – non so, un’automobile, per esempio, anche quando mi renderebbe la vita più semplice. Io penso di essere abbastanza minimalista nella mia vita quotidiana, ma sono molto interessato a incorporare ciò che sto imparando (e imparerò ancora) qui sul trail per mettere in pratica il mantra di “Your Money or Your Life”: quando hai compreso qual è il tuo enough, tutto il resto è roba inutile e ingombrante2 – e non si tratta soltanto di roba materiale.

Donata, Claudia, Andre e Cristina mi mandano spesso messaggi vocali. Semplici, giusto due racconti di cosa stanno facendo e come prosegue la vita “a casa”. E fanno molto piacere e buona compagnia. Grazie a tutti, quindi, a distanza! 🤗


  1. Un modo di dire molto comune qui in America. Ognuno deve trovare il suo modo di affrontare il trail. Le sue regole, per citare ancora Dino Lanzaretti. ↩︎

  2. Clutter, in inglese. ↩︎