Il primo vero passo della Sierra è anche il più alto. Nonostante non sia il più difficile tecnicamente, rimane una salita di quasi tre ore sopra i tremila metri, fino ai quattromila del passo. Stiamo camminando nella Sierra ormai da una settimana, ma ho avuta l’impressione di esserci entrato solo oggi, una volta valicato il passo. Sarà perché abbiamo atteso questo giorno da parecchio.

Il passo di Forester segna anche il confine tra due parchi nazionali: il Sequoia National Park e il Kings Canyon National Park. Ho scattate molte foto sia di stamattina che del pomeriggio, ma posso dire che l’ambiente è diventato più familiare, molto alpino anche se a queste quote le Alpi hanno tutto un altro aspetto. Ma camminando su per i pendii rocciosi, giù per i nevai rimasti, o attraverso i boschi di conifere si ha la sensazione di essere davvero in un luogo in cui la natura ha espresso il suo massimo – forse è anche merito dei pochi interventi umani in questi ambienti, davvero nulla in confronto alle nostre Alpi. Se davvero il mondo fosse stato tutto opera di una creazione, l’essere responsabile deve essersi impegnato particolarmente quando si è dedicato a questi ambienti. Penso sia davvero un luogo unico al mondo, che certamente ne ha moltissimi altri di incredibile bellezza. Non so se abbia reso l’idea di quanto sia magnifica questa parte della Sierra Nevada, chiamata Alta Sierra per via delle sue altitudini. Direi che chiunque sia appassionato di trekking in montagna dovrebbe passare qualche giorno (magari anche un paio di settimane) a camminare qui.

L’avevo già scritto settimane fa che, in Sierra, l’acqua sarebbe passata dall’essere una risorsa scarsa a un ostacolo assai frequente. In Sierra l’acqua abbonda: nevai, torrenti, fiumi, e purtroppo anche radure di acqua stagnante, visto che sono l’ambiente prediletto dove proliferano le zanzare. Se qualche centinaio di miglia fa era un privilegio potersi accampare vicino a un corso d’acqua, qui in Sierra è spesso una maledizione.

Ma pure l’acqua che scorre è spesso un serio problema: non ci sono ponti o passaggi attrezzati per attraversare la maggioranza dei torrenti (ora in piena a inizio estate). Le soluzioni sono due: trovare qualche passaggio naturale (rocce, tronchi d’alberi caduti) oppure cercare il punto meno pericoloso per guadare. Ieri ne abbiamo dovuti affrontare ben tre, oggi solo uno – il Bubbs Creek – che mi ha messo in seria difficoltà. C’era un tronco di notevoli dimensioni che sembrava essere caduto apposta per servire da ponte. Perché non usarlo quindi? Purtroppo era a un metro e mezzo di altezza da un punto del torrente in cui l’acqua faceva un grosso salto e aumentava di velocità: una rapida. Cadere dal tronco sarebbe stato seriamente pericoloso; non direi fatale, ma senz’altro ci si sarebbe fatti seriamente male. Fabio si è preso il rischio e con un ottimo equilibrio è riuscito ad attraversare sul tronco. La mia avversione al rischio ha avuto la meglio, e mi è mancato il coraggio di provare a camminare sul tronco. Così ho percorso il torrente su e giù cercando un punto più facile, ma mi sono dovuto arrendere: più in alto andavo, più il corso d’acqua sembrava diventare violento. Alla fine, attraversarlo nel punto in cui si interrompeva il trail è stato più facile del previsto – e ormai ho raggiunto il livello di maestro zen per quanto riguarda il camminare coi piedi fradici.

Domani abbiamo una giornata abbastanza breve: circa dodici chilometri e un po’ di dislivello in discesa per raggiungere il passo di Kearsarge, percorrere la Onion Valley, e trovare un passaggio a Bishop (e potrebbe non essere facile).

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