Il titolo suonerà ambizioso, ma riguarda solo un paio di ragionamenti che ho fatti oggi, dopo l’attraversamento di un fiume in cui credevo di riuscire a non bagnarmi le scarpe (e invece no).

Ripartito dal VVR1 con il traghetto delle nove – il trail lo si riprende dopo circa due chilometri e mezzo di salita dal Lago Edison – sapevo ci aspettava una giornata intensa; non lunga (24 chilometri) ma parecchio dislivello. Basta prenderla lentamente, al mio passo, mi sono detto. Il lago è intorno ai 2300 metri, mentre Silver Pass è a 3333 metri: una bella salita da fare in circa quattordici chilometri.

Dopo la prima ora di cammino, arriviamo a un torrente che è facilmente guadabile sul percorso del trail, ma un tentativo di superarlo senza bagnarsi lo vuoi fare sempre. Solo che il passaggio più semplice richiede di saltare su tre sassi, il secondo già parecchio lontano dal primo e non del tutto asciutto. Io non me la sento, ho paura di mancare il secondo salto e finire nel fiume. Non è certo la profondità dell’acqua che temo, ma un eventuale infortunio contro una roccia o qualcosa del genere. Così risalgo un po’ il torrente alla ricerca di un punto migliore, e purtroppo non faccio altro che mettermi in difficoltà tra rocce ancora più umide e il tronco di un albero caduto che, dal basso, pensavo fosse percorribile, invece è davvero troppo bagnato per pensare che le scarpe non scivolino. Frustrato, ritorno verso il trail e attraverso incazzato il fiume, bagnandomi i pantaloncini e persino gli occhiali. Tutto bagnato: calze, scarpe, ghette, e pure i tutori muscolari che uso a inizio giornata. Fabio mi ha aspettato e mi fa pure il favore di andare a prendermi un litro d’acqua – la giornata è molto calda e ho bevuta quasi tutta l’acqua dalla partenza. Mentre finisco di rimettere le scarpe dopo averle fatte asciugare un po’ (invano, essendo zuppe), riprendo a camminare e ripenso a ciò che è accaduto, alla mia reazione. Perché reagire così di fronte a un ostacolo? La rabbia è l’emozione naturale che scatta in queste situazioni e non c’è niente che possiamo o dovremmo fare. La proviamo proprio perché qualcosa ci impedisce di raggiungere un obiettivo o ottenere qualcosa. Ma lasciarla andare “a briglia sciolta” è stupido e inutile; è sempre combattere contro qualcosa che non reagirà ad alcun nostro comportamento. Al torrente non importa certo che noi abbiamo fallito nell’attraversarlo a piedi asciutti. Suona pure un po’ stupido scriverlo. E allora cosa fare? Come fare? Secondo me, dovremmo tornare a farci una delle domande fondamentali, una di quelle che ho imparato a chiedermi quasi ogni giorno durante questi mesi: date le circostanze – questa parte è importante perché significa accettare la realtà per ciò che è qui e ora – cosa posso fare o come mi posso comportare per ottenere ciò che vorrei? Tornando al fiume da guadare: se non posso (o non sono in grado) di attraversarlo senza bagnarmi, ciò che posso fare è indossare le scarpe e bagnarle, oppure usare i sandali/ciabatte (se le ho), o andare scalzo (posto che veda il fondo e non rischi di scivolare o la corrente non sia troppo forte). Questo è, non c’è altro. Lasciar scorrere la rabbia del momento senza fermarsi neanche un attimo a porsi quella domanda è stupido e, a volte, persino inutilmente rischioso.

Domani, 23 giugno, saremo a Mammoth Lakes, località assai frequentata dal turismo invernale. Quindi città, il che vuol dire tante cose (le solite): pianificheremo il prossimo pezzo e ci rifocilleremo come si deve. Non ci sarà molto tempo libero, ma quel poco che avremo sarà meglio goderselo. Credo faremo anche un piano di quanto tempo ci manca per concludere la Sierra; non saprei, così al volo, ma credo siamo a buon punto e con un buon ritmo per riuscire a completarla per i primi di luglio.


  1. Il Vermillion Valley Resort ↩︎