Sempre più vicino a Chester e al midpoint: mancano solo ventisette miglia, e sembra di attendere il giorno di Natale. Sarà anche perché dopo Chester i miei piani cambieranno parecchio. Ne scriverò sicuramente a tempo debito, ma ho intenzione di camminare in Oregon e Washington durante agosto, perciò dovrò pianificare attentamente dove vorrei essere. Tra Oregon e Washington, c’è una famosa manifestazione dedicata ai PCT hiker dell’anno corrente (e forse anche di quelli passati) proprio a metà agosto. Partecipare fa parte del nuovo programma.

In più, dopo essere arrivati Chester, ci sarà anche l’occasione di fare due giorni di vacanza, molto probabilmente al mare, vicino a Eureka, città nota della California del nord nella baia di Humboldt.

“Ma hai scritto vacanza?”

“Sì, perché?”

“Non sei in vacanza da più di tre mesi ormai?”

“Ti sbagli, non sono mai partito per andare in vacanza”.

Ci ho pensato parecchio stamattina a questa domanda: perché il trail non è una vacanza anche se molte persone – soprattutto colleghi, forse invidiosi – credono sia proprio così. Io credo ci siano diversi motivi, provo a fare una lista ordinata dei miei pensieri di stamattina.

1) Un vacanza è un benefit

Questa è quasi la definizione da vocabolario. Andare in ferie significa sfruttare dei giorni maturati col proprio lavoro, giorni che saranno retribuiti normalmente. C’è chi ne ha di più e chi ne ha di meno. È perciò sia un diritto che un premio.

2) Una vacanza non costa nulla

E i soldi per il resort alle Maldive? O per quell’agriturismo con spa in Puglia, ricavato da un vecchio casolare? E i voli? Certo, qualunque vacanza costa qualcosa in denaro. Ma il denaro è solo un’altra unità di misura del nostro tempo a disposizione, perciò qualunque cosa costa. Io qui intendo un altro tipo di costo: a che cosa dovrò rinunciare? Cosa dovrò sacrificare? Avrò il coraggio di abbandonare questa o quella cosa a cui sono così abituato? Un lungo trail è una costante rimessa in gioco di qualcosa che credevamo di conoscere o avere saldamente in mano. Non c’è giorno in cui non accade.

3) In vacanza si cerca l’assenza di routine

E non vuol dire rimanere sdraiati sotto l’ombrellone tutto il giorno. Ognuno ha la sua idea di riposo o relax. Intendo dire che lo scopo principale di una vacanza è quello di sostituire, anche se per un breve periodo, le routine che regolano la nostra vita quotidiana, siano lavorative o familiari (o entrambe). Non chiamerei vacanza una settimana di volontariato a pulire i boschi in Abruzzo, per quanto possa essere diverso dal mio lavoro abituale. In vacanza vorremmo liberarci delle preoccupazioni e incombenze che fanno parte della vita a cui, prima o poi, torneremo.

4) Una vacanza non comporta sfide

Certamente anche durante una vacanza – come un’escursione nel deserto giordano – dovrò mettere in conto qualche disagio da sopportare. Però difficilmente sarà qualcosa di ordinario: pensando a una vacanza, mi immagino qualcosa che si adatti alle mie esigenze o i miei desideri; cerco, nei limiti del possibile, qualcosa che non mi metta costantemente alla prova. So che non dovrò camminare per decine di miglia al giorno con uno zaino a volte molto pesante; so che non dovrò affrontare altitudini elevate o deserti molto caldi; non dovrò lottare con me stesso per mantenere viva la motivazione o affrontare solitudine e isolamento, momenti di dubbio e voglia di lasciare andare; non dovrò fare fatica per adattarmi a uno stile di vita ridotto all’essenziale, perché qualsiasi cosa mi porto avrà un peso, poco o tanto che sia.

Sono più di tre mesi che cammino con una direzione in testa, seguendo un percorso che si snoda lungo l’intera costa ovest degli Stati Uniti. Non so cosa stia facendo esattamente – la chiamano thru hike – ma sono abbastanza certo che non possa davvero essere chiamata vacanza. E se mi sono bastati pochi giorni per intuirlo, ora ne sono totalmente certo.

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