Le pause costano
Giornata molto lunga e intensa oggi: quasi quaranta chilometri, usciti da Ashland alle otto passate, le mie gambe non hanno retto tutta questa fatica in un giorno solo dopo cinque giorni di riposo.
Tecnicamente non sono stati giorni di “zero” perché ci siamo spostati verso nord1 – e anche parecchio – ma le gambe non hanno camminato più ai ritmi a cui le avevo abituate fino a Chester. Già dopo meno di venti chilometri sentivo i muscoli indolenziti, dolori alle piante dei piedi, e un lieve fastidio al ginocchio sinistro, proprio dove era comparso diversi mesi fa, a pochi giorni dall’inizio. Sembrava di non aver mai camminato.
C’è stato un lieto fine anche a questa giornata sfiancante: arrivati al campo (un campeggio attrezzato), dopo aver girovagato un po’, incontro Daryl, il “camp host” che vive qui con la moglie e la figlia di un anno. È un veterano dell’esercito – è stato in Germania, in Iraq e Afganistan – e adesso è qui a gestire il campeggio, forse per fare un po’ di soldi visto che vive in un camper. Fa un po’ strano vedere queste persone che hanno fatta questa scelta, non so quanto costretti dal costo della vita proibitivo per i loro stipendi. Di certo in Oregon la vita costa meno che in California.
Daryl ci ha offerta la cena (un hamburger e svariate verdure), da bere, e una doccia. L’ho già scritto e lo faccio di nuovo: è sempre confortante incontrare queste persone che ti offrono tutto quello che hanno – Daryl ci ha chiesto se ci servisse internet, visto che paga più di cento dollari al mese per Starlink – spesso senza chiedere nulla in cambio. Un grazie è tutto ciò che vogliono sentirsi dire: sanno che hanno aiutato, seppur con poco, delle persone che hanno davvero apprezzato il loro gesto. Che forse sia più semplice avere questa attitudine a offrire cosa si ha a chi ne ha bisogno quando si ha poco? Che poi cosa significa “poco”? Chi mi dice che ciò che hanno Daryl e sua moglie non sia ben più che sufficiente per loro? Poco è come alto e basso, nord e sud, prima o dopo: sono tutti concetti relativi a un punto di vista particolare, ma noi crediamo che ne esista uno assoluto e proviamo a misurare tutto da quel punto di vista. Non dovremmo dimenticarcelo.
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Mi sono inventato un nuovo termine: mero che sta per “moving zero”. Quando ci si sposta lungo il trail, ma non sul trail. ↩︎