Sono a meno di novecento miglia dal confine con il Canada1. Lo so che un miglio non è un chilometro, ma voglio soffermarmi un attimo su quel numero: ha solo tre cifre.

Sono ormai quasi quattro mesi che sto faticando per ridurre un numero di quattro cifre apparentemente insormontabile; un numero che, sulla carta, non sembrava folle volerlo percorrere a piedi. Certo, mancano ancora diverse centinaia di miglia, ma ora posso dire che è una distanza che ho già camminato – anzi, l’ho fatto già due volte. Anche questo è un traguardo importante, da contemplare e di cui essere orgoglioso.

Però… C’è sempre un però: si cammina e si pensa solo giorno per giorno. Non si può che ragionare sempre allo stesso modo: quanto manca al prossimo rifornimento? Come è meglio suddividere questa tappa tenendo conto di dove pensiamo di trovare l’acqua? Quante miglia riuscirò a fare domani, dopo che oggi ho avuto dei piccoli fastidi muscolari al ginocchio? È questo il tipo di domande che continuo a farmi, sempre, ogni giorno (o quasi).

Il trail però mi sta costando parecchio in questi giorni. Da quando sono tornato a camminare dopo la pausa lungo la costa, ho ritrovato il mio dolore al ginocchio (anche se i muscoli sono assai più robusti) e molta meno motivazione. C’è una formula empirica che prova a spiegare questo fenomeno: nn giorni fuori dal trail costeranno n1n-1 giorni di recupero. Perciò per riprendermi davvero da quei quattro giorni di riposo – uno e mezzo a Chester e i due e mezzo ad Arcata – mi servirebbero ben tre giorni, cioè almeno fino a domani. Non c’è una dimostrazione a questa formula, ma è un modo concreto per dire che più ti allontani dal trail e dalla vita sul trail, più farai fatica a tornarci.

Ma non dovrebbe essere il viaggio di una vita questo? Come puoi non volere continuare? Cos’è che demolisce la motivazione o rende sempre più difficile continuare? Non ho una risposta, né credo che ne esista solo una. Ecco alcune idee a cui ho pensato oggi.

Camminare è routine

Camminare è diventata una routine, insieme a tutte le attività annesse. Qualsiasi routine a un certo punto ci stanca, siamo fatti così.

Quali novità?

A parte l’ambiente, stiamo rivivendo le stesse cose giorno dopo giorno. Non ci sono più molte cose completamente nuove da scoprire per la prima volta, e le miglia ormai passate hanno lentamente scolorito le sgargianti novità delle prime settimane.

Voglia di casa

Comincia a farsi sentire la “voglia di casa”, un termine un po’ generico che può includere qualsiasi cosa che faceva parte della nostra quotidianità: dal vedere il nostro partner per prima cosa la mattina alla strada in bici verso l’ufficio. Questo crescente desiderio di tornare a ciò che abbiamo lasciato è diretta conseguenza del tempo passato: centodieci giorni sono abbastanza per radicare qualunque cambiamento. L’idea di “casa” è anche un po’ astratta e difficile da definire. Ne parlai col mio compagno di viaggio l’anno scorso, mentre camminavamo insieme verso Santiago de Compostela. Quando siamo lontani da quella che per noi è casa, come possiamo non sentirne la mancanza quando ci spostiamo ogni giorno, senza sapere bene dove dormiremo la sera? Come e dove può un viaggiatore sentirsi davvero a casa? Non saprei dire se queste domande nascano naturalmente perché da millenni l’uomo sapiens è una creatura sedentaria, ma mi sembra plausibile come ragione.

Ho avuta notizia di almeno un paio di persone con cui ho camminato per qualche giorno che hanno abbandonato e sono tornate a casa, ovunque sia per loro questo posto. Ora più che mai, anche se sembra di essere arrivati perché mancano solo ottocento e qualcosa miglia, bisogna accudire la motivazione e proseguire con piccoli traguardi. Sembra assurdo, ma più mi avvicino al confine, più mantenerla viva è più difficile del previsto. So anche un’altra cosa: non si può tenere alta la motivazione con spinte negative: la più ovvia di tutte è “se dovessi abbandonare ora lo rimpiangerei per sempre”. No, purtroppo non funziona così.

🌎 Where am I?


  1. Mancano 889 miglia, per la precisione. ↩︎