Così mi chiede la frase casuale del giorno pescata dalle Oblique Strategies. E penso che la risposta sia dipende.

Giornata bella lunga da quaranta chilometri, suddivisa in due parti. Il sentiero di per sé non è stato impegnativo, ma sono riuscito a portarla a casa solo perché ho fatta una pausa pranzo degna di questo nome: mi sono fermato al Fish Lake resort per integrare il cibo per i prossimi giorni e ne ho approfittato per mangiare due hamburger con patatine. Avendo saltato Ashland città, è stata una pausa obbligata. Mi ha costretto ad allungare la tappa di oggi di ben quattro miglia, ma ne è valsa la pena. Ora mancano una cinquantina di chilometri al Mazama Village e al parco di Crater Lake – parco che, ahimè, è chiuso per un incendio che si è sviluppato abbastanza vicino.

Come sempre accade quando cammino da solo, ho lasciato spazio a parecchi pensieri. Pensavo “che cosa scrivo oggi? Cosa andrà sul blog?” Potrei scrivere delle puntate di podcast che sto ascoltando sulla politica americana che sta vivendo alcune settimane a dir poco turbolente – e assai interessanti. A me poi è sempre piaciuto seguire questi mesi che precedono un’elezione presidenziale. Qui sul trail devo sempre fare una selezione dei contenuti da seguire, e credo sia un bene: meno rumore, più segnale. È una virata (obbligata) verso l’essenziale che vorrei implementare anche una volta tornato a casa.

Mentre ero al resort per pranzo, ho ricevuto un messaggio audio di un’amica a cui avevo chiesto degli aggiornamenti che lei stessa mi aveva promesso. Mi ha raccontato delle sue decisioni di rimanere in Italia e continuare a provare a diventare insegnante di ruolo, un obbiettivo difficile da raggiungere a causa della complicata burocrazia. Ha mancato la scadenza per iscriversi ai nuovi “corsi abilitanti”, costosi, e dovrà sostenere la prova orale di un concorso di cui non si sa nulla riguardo la data. Tutta la scuola funziona così in Italia: non si sa quando o come, ma prima o poi succede. Lei vuole rimanere in Italia per la sua rete sociale e la sua famiglia, due cose che rendono molto difficile considerare un’opzione che costringerebbe a ripartire per l’estero. Il problema è che le tocca accontentarsi di qualunque sia la situazione attuale sul fronte scuola. E quando non fai che accontentarti, poi pensi sempre e solo al ribasso.

Era poi inevitabile che pensassi alla mia carriera lavorativa. Cambierà? O meglio: avrò il coraggio di cambiare qualcosa? Ho pensato che essere qui, a camminare per migliaia di chilometri – di cui ho già percorso più della metà – è la dimostrazione che posso perseguire qualsiasi obiettivo che mi metta in testa; non devo più dimostrare niente a nessuno perché questo viaggio è quella dimostrazione. Devo solo applicare la stessa tenacia e determinazione a un altro progetto, quello di un cambio di carriera. Quanto più difficile potrà essere che decidere di attraversare da sud a nord un intero stato?

Quando sarà davvero finita, cosa farò? Cioè: cosa farò letteralmente se mai riuscirò a toccare il monumento del Northern Terminus? Oggi mi è venuta un’idea: girerò un breve video in cui ripeterò una battuta di un famoso film: “Sono un po’ stanchino.” Ma aggiungerò: “adesso è ora di tornare a casa”. Perché lo so già che avrò una voglia incontenibile di tornare. Si chiama nostalgia ed è una cosa buona.

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