Giornata che avevo pensato di passare a Bend, facendo uno zero completo. E invece sono tornato sul trail; o meglio, sono tornato verso il trail, al Big Lake Youth Camp – un campeggio estivo per ragazzi, gestito dalla Chiesa Avventista del Settimo Giorno, che offre un notevole supporto agli hiker, gratuitamente. Era una tappa obbligata perché avevo spedito un pacco di cibo, perciò mi andava anche bene esserci passato un po’ prima del piano originale. Ora mi attende l’ultima sezione di un centinaio di miglia fino al Timberline Lodge (dove ho spedito un altro pacco di cibo), e poi meno di cinquanta miglia al confine con lo stato di Washington.

Ho dedicato un po’ di tempo questo pomeriggio a un po’ di socialità “a distanza”. Ho recuperato i messaggi vocali di Andre e Cristina, Maríka, qualche messaggio scritto di Veronica. Ho poi risposto a tutti, anche a Giulio che mi aveva scritto ormai un paio di giorni fa. E a tutti ho detta la stessa cosa: sono un po’ stanco mentalmente di camminare. Di dover pensare soltanto a camminare e andare avanti. Non posso dire di non avere più voglia, ma negare che il pensiero di dover passare i prossimi quattro giorni a macinare altre venti o più miglia al giorno non mi entusiasma. Perché lo sto facendo?

Qualche ora fa, mentre registravo i messaggi vocali per Andre, pensavo che era stata la voglia di tornare a camminare e quella di rifuggire la città1 che mi avevano spinto a non rimanere a Bend. Eppure, dopo aver fatto due piani per i prossimi giorni, il pensiero di dover accumulare altre miglia, ancora e ancora, mi scoraggia. Come posso riaccendere la motivazione che mi serve per arrivare alla fine?

Andrew, il ragazzo inglese con cui siamo partiti ad aprile, ha deciso di saltare in avanti, fino al confine col Washington e poi camminare verso sud. Anche lui mostra di avere qualche problema con il trovare la motivazione e continua a rivedere i suoi piani. Il tizio che ci ha accompagnati in macchina fino a Big Lake ci raccontava di quando aveva parlato con Andrew, che gli aveva confidato un po’ di preoccupazioni, legate perlopiù agli incendi, ai vari detour necessari, e alla qualità dell’aria. L’abbiamo tutti velatamente preso in giro per questo suo comportamento confuso e un po’ disorganizzato. Ma possiamo davvero biasimarlo? Davvero non comprendiamo che l’origine di questo suo stato d’animo è forse la stessa – cioè la mancanza di uno scopo?

Faccio molta fatica a rispondere a una domanda che mi fanno tante delle persone con cui parlo per poco tempo – per esempio, quelle che mi caricano quando faccio autostop. “Qual è la sezione più bella?” Oppure: “qual è la tua top three?” E io non so rispondere. Ho visto e camminato attraverso talmente tante wilderness area, foreste e parchi nazionali che non so scegliere. Non mi ricorderei più com’è stato salire fino al passo di Forester o sul monte Whitney se non andassi a rileggermi il diario. Perciò cosa me ne può fregare di aggiungere altra roba a questa lista? Quanto meraviglioso potrà mai essere il Timothy Lake, il lago Olallie, o il Monte Hood dietro al Timberline Lodge? Oppure il tanto atteso Ponte degli Dei sul fiume Columbia2? Ecco qual è uno dei problemi di una thru-hike: è un’indigestione, è un’esagerazione di esperienze uniche e senz’altro meravigliose, ma che non puoi davvero processare e di cui non puoi veramente godere. Almeno sul momento.

Almost anything carried to its logical extreme becomes depressing, if not carcinogenic.

Ursula K. LeGuin, “The left hand of darkness”

🌎 Where am I?


  1. Ho passata la notte in un motel di bassa lega dove il vicino di stanza ha deciso che alle quattro del mattino doveva ascoltare pessima musica rap (o trap) ad alto volume. ↩︎

  2. Il fiume Columbia segna il confine tra Oregon e Washington. ↩︎